Per una coppia con la sclerosi multipla la vita non è semplice: la lotta quotidiana contro la patologia, le terapie, le cure, la stanchezza costante, i sintomi che peggiorano. Se a tutto questo si aggiunge la palese ingiustizia commessa nei loro confronti dalle commissioni medico legali dell’INPS, il quadro assume toni che diventano drammatici.
Temi dell’intervista
Sclerosi multipla e sintomi da giovanissimi, siamo stanchi di subire umiliazioni
Questa è la storia di Francesco e di sua moglie. Si sono ammalati entrambi da giovanissimi. Lei, che chiameremo Anna (preferisce restare in un discreto e comprensibile anonimato), ha avuto la diagnosi a 16 anni. Oggi ne ha 34, convive da 18 anni con la malattia. Francesco ha saputo nel 2012 di essere affetto dalla sclerosi multipla.
«Non abbiamo mai chiesto nulla, non vogliamo sostegni economici, ma solo quello che ci spetta di diritto. Sono qui ancora a lottare, a non arrendermi. Perché è giusto farlo. Mia moglie ha rinunciato, si è rassegnata. È stanca dei torti subiti, è stanca delle umiliazioni».
Quello che è accaduto a questa giovane coppia racconta in modo chiaro le falle del nostro sistema assistenziale. Ma anche la superficialità con la quale, troppo spesso, le commissioni di verifica per l’invalidità e la disabilità giudicano chi si sottopone a visita.
Ci sono le linee guida per una corretta valutazione dei pazienti affetti da sclerosi multipla. Le cosiddette scale EDSS, un altro strumento che ha burocratizzato l’esame medico legale, con risultati che – come vedremo – sono davvero sconcertanti.
Nel video di seguito, pubblicato sul Canale YouTube di Invalidità e Diritti, abbiamo ascoltato Michela Morutto, moglie di Paolo Piccoli, che ha scoperto di essere affetto da Alzheimer dall’età di 43 anni.
La sclerosi multipla è una patologia infiammatoria del sistema nervoso centrale caratterizzata dalla perdita di mielina (la sostanza che riveste le fibre nervose della sostanza bianca) in più aree (da cui il nome “multipla”). Con il passare del tempo i sintomi persistono sempre più a lungo dando vita a invalidità progressiva.
Cos’è la sclerosi multipla
Legge 104 comma 3, poi la visita di revisione che cambia tutto
«Anna ha la sclerosi da più tempo e quindi sintomi più gravi rispetto ai miei. Dopo la prima visita la commissione Asl di Torino le ha riconosciuto il 46 per cento di invalidità e il comma 3 della Legge 104. Ha utilizzato i 3 giorni di permesso dal lavoro per sottoporsi alle terapie mediche».
Fin qui tutto nella norma. La situazione cambia in modo drastico dopo la visita di revisione.
«Sì, sono passati diversi anni dal primo accertamento medico legale e le condizioni di Anna non sono certo migliorate, anzi. Non riusciamo a fare una passeggiata, perché dopo neppure cento metri ha bisogno di fermarsi e i medici le hanno dovuto cambiare un farmaco che aveva una incidenza positiva proprio sulla spossatezza».
Di seguito puoi ascoltare le voci dei protagonisti del Disability Pride 2023 che si è svolto a Torino e rivivere alcuni dei momenti più significativi.
Niente Legge 104 comma 3 con la sclerosi multipla che ha reso Anna non autonoma
Comunque, arriva il giorno della revisione. Questa volta la decisione spetta alla commissione medico legale di Cuneo (nel frattempo Francesco e Anna si sono trasferiti ad Alba).
«Dopo l’esame i medici hanno stabilito che Anna non aveva più diritto al comma 3, ma al comma 1. Le hanno però aumentato la percentuale di invalidità, dal 46 al 51 per cento. In pratica le hanno tolto la Legge 104, che per lei era indispensabile non solo per le cure, ma anche perché con il passare degli anni riesce a gestire con maggiore difficoltà le energie e anche se svolge un lavoro d’ufficio dopo diverse ore è esausta».
Un po’ paradossale: una commissione medico legale riconosce ad Anna il comma 3 (disabilità grave), dopo qualche anno e con le condizioni cliniche peggiorate, i medici ritengono che stia meglio e quindi concedono il comma 1 (che non consente di usufruire dei permessi retribuiti).
Il ricorso giudiziale
Era il 2019. In questi casi l’unica strada possibile per modificare la decisione della commissione è il ricorso giudiziale. Niente da fare: il ricorso viene bocciato dal giudice, sulla base della consulenza tecnica. Nella relazione del Ctu c’è la motivazione poi riportata dal magistrato nella sentenza: «La paziente esegue autonomamente le terapie e i controlli cui periodicamente deve sottoporsi e non è necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione».
Da qui la revoca del comma 3 per il comma 1. La coppia ha dovuto anche pagare le spese giudiziarie: 4.200 euro («che siamo riusciti a rateizzare»).
«Se quello che era scritto nella sentenza fosse stato vero, avrei accettato. Purtroppo la verità era un’altra. La conferma è arrivata un mese dopo, quando mia moglie si è recata alla visita di revisione per la patente di guida».
«Dopo la valutazione medica la commissione ha deciso che Anna dovrà rinnovare di anno in anno la patente e soprattutto non potrà allontanarsi con l’auto per più di venti chilometri dal luogo di residenza».
La distanza è un elemento determinante.
«Per raggiungere il centro dove sottoporsi a terapie e controlli Anna deve percorrere 60 chilometri. Di fatto, un mese dopo, un’altra commissione ha smentito la sentenza emessa dal giudice. Ovvero: mia moglie non può eseguire autonomamente le terapie e i controlli periodici».
I criteri INPS per la sclerosi multipla
Anna soffre anche di altre conseguenze della sclerosi multipla, come l’incontinenza (vescica neurologica), ed è costretta a indossare una mutandina assorbente. E non riesce a percorrere più di 100 metri prima di essere costretta a fermarsi.
Perché ribadiamo questo aspetto dei metri percorsi? Perché nei criteri guida per la valutazione della disabilità legata alla sclerosi multipla, «il paziente non del tutto autonomo, con evidenti limitazioni nell’attività completa quotidiana e deambulazione possibile, senza soste e senza aiuto, per circa 100 metri», viene ritenuto dalla stessa INPS di grado EDSS 5.5, in una scala di valutazione che parte da zero e arriva a 10 (morte dovuta alla patologia).
Anna non ha quindi una sclerosi lieve, ma di medio/grave entità. E non può raggiungere in modo autonomo il luogo dove svolgere le terapie e le visite di controllo. Insomma, il riconoscimento del comma 3 è un atto dovuto.
«Ma non faremo nulla – dichiara Francesco -, vogliamo evitare di subire altre umiliazioni. Quando ci sarà la revisione andremo alla revisione, ma non abbiamo intenzione di chiedere l’aggravamento. Le commissioni ti fanno sentire come se stessi elemosinando un favore, quando invece stai solo chiedendo che vengano rispettati i tuoi diritti».

Ci trattano con distacco e superficialità: il dramma di Francesco e Anna
«Anna porta da tanto tempo sulle spalle il peso della patologia. Da quando aveva 16 anni: danzava, era la sua passione, ha avvertito un capogiro, un dolore al ginocchio e poco dopo è arrivata la diagnosi. Tra un po’ inizia il caldo e per noi la situazione peggiora. Il senso di spossatezza diventa molto più intenso. Probabilmente non usciremo di casa».
«Qualche tempo fa, anche per far fronte alle spese della causa, ho pensato di chiedere l’assegno ordinario. Ho il 67 per cento di invalidità. Ma ho rinunciato, non voglio correre il rischio di sentirmi dire di no, non sopporto un’altra umiliazione. A questo punto sono quasi certo che mi avrebbero ridotto la percentuale di invalidità».
«Ma va bene così – conclude Francesco, con una voce che a questo punto distilla amarezza in ogni parola -, andiamo avanti lo stesso, ma con la consapevolezza che questo Paese non aiuta chi ha bisogno e le istituzioni, chiamate ad applicare le leggi per aiutare le persone costrette a convivere con una disabilità, spesso si girano dall’altra parte o trattano chi ha la necessità di un aiuto con fastidio, distacco e superficialità».
L’intervista a Francesco fa parte della sezione “Storie“. All’interno della stessa raccolta, trovi anche:
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