/ Sono prigioniero in casa: disabile invisibile con sclerosi
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Sono prigioniero in casa: disabile invisibile con sclerosi

Sono prigioniero nella mia casa, odissea di un disabile: la storia di Michele vittima di una crudele burocrazia. Accade ad Afragola, in provincia di Napoli. Il 38enne soffre di sclerosi multipla, per un pezzo di carta gli viene negata da anni la possibilità di ricevere il saliscale indispensabile per uscire e rientrare in casa.
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25/9/23

«Sono prigioniero nella mia casa», Michele Merenda, 38 anni, affetto da sclerosi multipla si definisce così, «prigioniero», e non c’è modo migliore per raccontare la sua situazione. (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le ultime notizie sull’invalidità civile. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi. Abbiamo anche una pagina Instagram dove pubblichiamo le notizie in formato grafico e un canale YouTube, dove pubblichiamo videoguide e interviste).

Michele è prigioniero dei 10 interminabili scalini che gli impediscono l’accesso all’ascensore (spesso guasta), ma soprattutto è vittima di una burocrazia senza senso che per un semplice documento gli impedisce di utilizzare un “saliscale” che l’Asl è pronta a mettergli a disposizione.

“La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale”

Aism (associazione italiana sclerosi multipla)

Sclerosi multipla scoperta a 17 anni, poi il calvario

La storia di Michele si svolge ad Afragola, un centro in provincia di Napoli. Il 38enne vive con sua madre in un appartamento al secondo piano di una casa popolare.

«Mi sono ammalato di sclerosi multipla 17 anni fa – racconta -. Per molto tempo sono stato bene, poi ho subito due peggioramenti che mi hanno costretto sulla sedia a rotelle».

Da quel momento le scale d’accesso dello stabile dove abita sono diventate una montagna difficile da scalare.

«Non posso uscire di casa e neppure rientrare se non ci sono almeno due persone a sollevare la carrozzina. Oltretutto non sono neppure leggero, ci vuole quindi una certa forza per spostarmi».

«Le persone che abitano nel palazzo sono sempre disponibili ad aiutarmi, ma se per un qualsiasi motivo la sera rientro un po’ più tardi, non trovo nessuno e quindi tornare a casa diventa impossibile. Ho trascorso ore in macchina in attesa di qualcuno che rincasasse. Diverse volte sono stato costretto a dormire in albergo».

Ma non solo. Michele ha anche rischiato di farsi molto male.

«Qualche mese fa, sono stato aiutato da mia madre e da un ragazzo. All’improvviso la sedia si è girata e siamo caduti. Sono riuscito ad aggrapparmi alla ringhiera e questo mi ha evitato conseguenze peggiori. Sono rimasti contusi anche mia madre e l’altra persona».

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Montascale per disabili “negato” dalla burocrazia

Ma per quale motivo non è possibile installare un semplice saliscale che consenta a Michele di superare senza difficoltà quei dieci gradini?

Siamo alle solite: una burocrazia che è ai limiti del crudele

Michele si è rivolto all’Asl che si è detta disponibile a concedere l’utilizzo del dispositivo meccanico. L’azienda ha richiesto una serie di documentazioni. Il 38enne ha girato come una trottola tra i vari uffici, ha recuperato tutte le certificazioni necessarie. Eccetto una: la licenza edilizia dello stabile.

«Quel documento deve essere consegnato dall’Acer (l’Agenzia Campana per l’Edilizia Residenziale), sembrava un’operazione facile: è diventata una vera odissea e al momento non si intravede una soluzione. Ho scritto più volte all’Acer, ho inviato una Pec, sono andato due volte negli uffici di via Domenico Morelli, a Napoli. Ho parlato con un impiegato, poi un altro, poi un altro ancora. Al termine del giro mi hanno detto che avrei dovuto inviare un’altra Pec. Ma dico: serve solo una copia della licenza edilizia, niente altro. Solo un foglio di carta. Niente.»

Sono prigioniero nella mia casa. Odissea di un disabile
Nell’immagine Michele Merenda, prigioniero nella sua casa

Sono prigioniero nella mia casa da mesi

Michele è ancora prigioniero nella sua casa. Esce raramente, perché non sempre trova due persone disponibili per scendere e poi risalire le scale. Senza contare che anche l’ascensore è spesso rotto. Una volta è rimasto bloccato per mesi, si era bruciato il motore.

«Sono andato anche in Comune, ma è stato del tutto inutile. Non hanno nessun documento, mi hanno liquidato con una scrollata di spalle: tocca all’Acer. Ma nessuno, dico nessuno, che si renda conto della gravità della mia condizione».

«Alla Asl si sono sempre dimostrati molto disponibili. Hanno già il saliscale che mi dovranno consegnare, ma senza quel pezzo di carta che continuano a negarmi non possono fare nulla».

«Lavoravo come centralinista, ma ho dovuto rinunciare: ogni mattina avrei dovuto sperare di trovare delle persone disposte a prendermi di peso e portarmi giù. Sono stato anche costretto a non andare più in un centro per la fisioterapia, che per me è essenziale, per fortuna ora vengono a domicilio».

«Il periodo peggiore – continua Michele – l’ho vissuto durante la pandemia. Niente fisioterapia e niente ascensore: si è guastata ed è rimasta a lungo fermo. Le mie condizioni si sono aggravate, mi sentivo molto debole e francamente anche abbandonato al mio destino».

Afragola, il silenzio delle istituzioni

Michele non si è mai arreso. La sua lotta per avere il diritto a uscire di casa non si è fermata. Ma fino a oggi è stato tutto inutile.

«Prima delle elezioni, i politici, a turno, mi hanno assicurato che avrebbero risolto il mio problema. Ovviamente passate le elezioni si sono completamente dimenticati di me, delle scale e della licenza edilizia che non si trova. Mi sono rivolto a Striscia la Notizia, hanno detto che queste storie non interessano, una settimana dopo hanno fatto un servizio ad Afragola su un ragazzino che porta il caffè. Sono molto scoraggiato: sembra che a nessuno interessi che una persona sia costretta a non muoversi di casa perché qualcuno che lavora alle case popolari non decide di perdere cinque minuti del suo tempo per inviarmi una copia della licenza edilizia».

Michele si è rivolto anche al consigliere regionale della Campania, Francesco Emilio Borrelli, di solito in prima linea in determinate battaglie su diritti e legalità. Ma neppure lui ha fatto molto («mi ha consigliato di inviare una nuova Pec»).

L’appello di Michele, malato di sclerosi: «Lasciatemi vivere»

Michele non ha intenzione di scoraggiarsi, di rinunciare a una battaglia che non è solo giusta, ma anche vitale. «Per me la situazione è sconfortante. Il mio terrore è quello di dover passare la prossima estate chiuso nel mio appartamento perché non mi consegnano un pezzo di carta. Voglio avere la semplice libertà di entrare e uscire dalla mia abitazione, non possono, non devono continuare a negarmelo».

Anche questa si chiama discriminazione. Subdola, silenziosa, inflessibile. Una storia che meriterebbe l’attenzione di tutti: non è accettabile il sequestro a tempo indeterminato di una persona che ha la sola colpa di non riuscire a farsi consegnare un pezzo di carta.

Se hai trovato questa storia interessante o ne hai altre da proporre, scrivici a invaliditaedirit[email protected]. Mettiamo in rete coraggio, speranza e cambiamento.

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