/ Danza in carrozzina, ritmo e inclusione: storie di In.Da.Co.
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Danza in carrozzina, ritmo e inclusione: storie di In.Da.Co.

La danza in carrozzina non è solo uno sport paralimpico, ne abbiamo parlato con Donata Rodi, presidente dell’associazione Indaco. La danza adattata ha 3 obiettivi: l’inclusione, la riabilitazione e la socializzazione delle persone con disabilità. Vediamo come nasce, come funziona, cosa prevede e come partecipare.
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23/9/23

La chiamano danza in carrozzina (wheelchair dance), ma va molto oltre il concetto della classica scuola di ballo. È un’attività sportiva che ha tre obiettivi: l’inclusione, la riabilitazione e la socializzazione.

INDICE

Va anche oltre la carrozzina, può essere praticata da tutti, compresi i normodotati e da chi ha difficoltà di deambulazione. Questa disciplina è arrivata da qualche anno in Italia, ma ha quasi mezzo secolo di storia. L’origine è in Svezia. Anno 1968, l’idea è venuta a un impiegato della Federazione Svedese Disabili, che appunto era su una sedia a rotelle.

Della danza in carrozzina, dei suoi molteplici effetti benefici, ce ne parla Donata Rodi, presidente e animatrice dell’Associazione In.Da.Co., tra le prime in Italia, e in particolare in Emilia Romagna, a proporre la danza adattata.

Oggi i componenti della sua scuola partecipano attivamente a numerose competizioni, non solo in Italia. Ma l’aspetto principale di questa associazione non è quello sportivo: in tanti prendono parte alle lezioni per il solo piacere di farlo, per sentirsi meglio (fisicamente e non solo), e anche per ritrovarsi in una comunità dove condividere interessi, esigenze e lo stesso irrinunciabile desiderio di vivere la propria disabilità non come un limite, ma come un’occasione per sviluppare altre competenze, altre abilità.

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Danza in carrozzina, com’è nata l’idea a Ferrara

«Nel 2004 – racconta Donata Rodi – ho avuto un incidente stradale. All’epoca ballavo e insegnavo danza in una scuola tradizionale. Durante il ricovero nell’ospedale di Ferrara ho avuto l’idea di provare i movimenti del ballo come percorso riabilitativo. Nel 2013 quest’idea è cresciuta e insieme ad amici con competenze specifiche, un fisioterapista e due psicologi, abbiamo immaginato di renderla concreta. Ci è stata vicina anche l’Anmic (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili) e il primario del reparto di riabilitazione dell’ospedale di Ferrara, Nino Basaglia».

Donata Rodi decide quindi di dare corpo a quell’idea. «Sono andata in Inghilterra, dove la danza in carrozzina era già diffusa. Ho frequentato dei corsi e sostenuto un esame. Nel frattempo ho avuto la possibilità di assistere ai campionati nazionali, lì la disciplina era già uno sport paralimpico. Quando sono tornata in Italia abbiamo fondato l’Associazione Indaco. Indaco è l’acronimo di Integrazione Danza e Comunicazione. Ma può avere tanti altri significati. A partire da una caratteristica di questo singolare colore, l’indaco, appunto. Nei tessuti quella tinta non si rivela subito, ma passa prima dal giallo al verde. Un po’ come le persone che hanno una disabilità, possono avere delle caratteristiche, delle potenzialità che non si rivelano subito, ma con il tempo».

«È iniziata subito una collaborazione con il reparto dell’ospedale di Ferrara, per la riabilitazione post ricovero, e l’anno dopo, nel 2014, l’Associazione Indaco ha intrapreso un percorso con il Comitato Italiano Paralimpico che ci ha portato a partecipare al primo Campus Integrato, con le persone che hanno avuto l’occasione di provare diverse discipline, compresa quindi la danza in carrozzina».

Gli obiettivi di In.Da.Co., come specifica il sito dell’associazione, sono tre:

  • promuovere la danza sportiva;
  • usare la danza come supporto alla riabilitazione;
  • promuovere la divulgazione della cultura dell’integrazione, attraverso una danza integrata.

I corsi di danza comprendono il valzer, il tango, la rumba, la samba, il foxtrot, l’hip hop e i balli di gruppo.

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Danza in carrozzina, vantaggi della wheelechair dance

Ma quali sono i reali benefici di chi pratica la danza adattata? «Sono tanti – spiega la presidente di Indaco -. E sono alla portata di tutti, non solo di chi si avvicina a questa disciplina con intenti agonistici, ma anche per chi la pratica per il solo piacere di fare un po’ di esercizio fisico e socializzare con altri».

«La danza in carrozzina – spiega – migliora l’autostima, la fiducia in sé stessi, facilita la possibilità di esprimere sentimenti ed emozioni, migliora il tono e la funzionalità muscolare e aumenta la socializzazione, grazie anche alla cooperazione con il partner, i familiari, gli amici e gli operatori».

Ma non solo. «Si apprende anche a usare meglio e con maggiore consapevolezza lo strumento carrozzina, che può offrire delle possibilità di movimento inattese, imprevedibili. Fa bene anche alla salute mentale e innesca la creatività. Insomma, consente a chi ha una disabilità di mostrare in pieno le proprie abilità».

«E infine, ma è un aspetto importante, si ha anche una maggiore consapevolezza del proprio corpo».

Danza in carrozzina, gli iscritti

«Sono al momento iscritte ai corsi di danza in carrozzina una trentina di persone. Quindici svolgono l’attività agonistica, gli altri partecipano ai corsi, alle iniziative, ai viaggi che facciamo insieme quando ci sono delle esibizioni. Siamo stati spesso in Emilia Romagna e in Veneto. Le gare sono soprattutto momenti di aggregazione anche se abbiamo vinto diverse competizioni o ci siamo piazzati nei primi posti. Nel 2016 siamo stati anche in Inghilterra dove ci siamo qualificati secondi».

«Ai nostri corsi partecipano persone in carrozzina, ma anche chi ha delle stampelle, chi ha difficoltà a deambulare in conseguenza di un ictus e diversi normodotati. Proprio nel nome dell’integrazione».

Danza in carrozzina, storie

Le persone che frequentano i corsi di danza in carrozzina a Ferrara hanno tutte una storia che può essere emblematica. «Sì, mi piace ricordare Ilaria, una ragazza che è con noi e oggi partecipa con entusiasmo alle competizioni di danza adattata. Prima di frequentare i corsi usciva poco, poi con il tempo ha conquistato una fiducia in sé stessa che prima non aveva, ha riscoperto il suo corpo, le sue potenzialità, la sua femminilità». 

«Merita di essere raccontata anche la storia di una coppia che si è avvicinata all’associazione. Amavano il ballo, soprattutto le danze caraibiche, poi lui è stato colpito da un ictus. Con noi hanno riscoperto il piacere della danza, si sono integrati alla perfezione. Lui è venuto a mancare, la compagna ha deciso di continuare a restare con noi. Ma tutti coloro che partecipano ai corsi hanno alle spalle delle vicende significative».

Danza in carrozzina, il ritmo dell’inclusione
Una foto di gruppo dell’Associazione Indaco e dei suoi danzatori

Danza in carrozzina, il Covid

«Durante il covid le lezioni non si sono fermate. Abbiamo continuato online. In quei giorni ci incontravamo sul web anche solo per scambiare opinioni, raccontarci esperienze, confrontare emozioni. È stato un momento molto intenso».

La danza in carrozzina non è dunque solo un’attività sportiva. Consente a chiunque abbia una disabilità di riscoprire il proprio corpo e aumenta l’autostima e la consapevolezza di sé. Soprattutto permette di socializzare, di uscire dal guscio e riprendere un percorso che consente di riscoprire altre abilità che non si riusciva a scorgere.

Di associazioni come Indaco ce ne sono anche altre in Italia. Per sapere dove si può contattare il Comitato Paralimpico della propria Regione o Provincia.

Chi abita nella zona di Ferrara può invece raggiungere direttamente l’Associazione Indaco, sulla pagina Facebook o scrivendo all’indirizzo mail [email protected]

Se hai trovato questa storia interessante o ne hai altre da proporre, scrivici a [email protected].

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