Tuo figlio disabile non ha diritto allo studio – «Sai cosa ha detto la referente scolastica di mio figlio? Un disabile non ha diritto allo studio». Giusy Lipari, 54 anni, palermitana, racconta senza fermarsi la sua storia di straordinaria discriminazione. Da anni combatte contro tutto e tutti per i diritti di Francesco, suo figlio, che oggi ha 16 anni.
Francesco è disabile dalla nascita per una ipossia ischemica causata da un distacco placentare. È venuto al mondo dopo una gravidanza durata poco più di otto mesi. Da quel giorno Giusy deve combattere su ogni fronte per il solo riconoscimento dei diritti di suo figlio.
«Non voglio nulla di più, pretendo solo che Francesco non venga discriminato. È già costretto ad affrontare tante difficoltà in più rispetto agli altri, non possono crearne altre».
In Italia le leggi per la tutela dei ragazzi con disabilità ci sono. Ma l’applicazione pratica si infrange contro un muro di ignoranza, pregiudizio e burocrazia.
L’ipossia ischemica indica una mancanza di ossigeno nel sangue del bambino e la riduzione dell’apporto di sangue (ischemia) al tessuto cerebrale. Questa condizione, anche se protratta per pochi minuti, può generare gravi problemi di salute permanenti.
Burocrazia e sanità cinica, il calvario di Giusy e Francesco
Francesco, e questo è un dato da ricordare, ha problemi di deambulazione, ma non ha nessun ritardo cognitivo. Studia come tutti gli altri compagni di classe.
«Quando Francesco era piccolo abbiamo vissuto a Cerda, un comune a pochi chilometri da Palermo. Lì con l’Asl non abbiamo avuto problemi, il bambino ha fatto fisioterapia e a otto anni ha mosso i suoi primi passi. La situazione è precipitata dopo, quando ci siamo trasferiti a Palermo».
Giusy è mamma di cinque figli, Francesco è il quarto. È divorziata, ha cresciuto i suoi ragazzi tra mille sacrifici e tante difficoltà.
«Dopo il trasferimento a Palermo siamo stati travolti da difficoltà burocratiche. Abbiamo aspettato anni per avere la residenza. Non è un problema da poco, senza quel certificato Francesco ha dovuto interrompere la fisioterapia e le sue condizioni sono peggiorate. Ora non riesce a camminare. Anche perché nel frattempo il blocco di un tendine gli ha causato il piede equino».
«Anche con l’Asl mille problemi. Quando andavo negli uffici a sbrigare le pratiche necessarie per iscrivere Francesco a un centro di fisioterapia, mi trattavano con fastidio, insufficienza e maleducazione. Avrei potuto anche sopportare, ma nel frattempo non riuscivo a ottenere la documentazione per consentire a mio figlio di frequentare un istituto specializzato».
Di seguito la storia di Michela Morutto, moglie di Paolo Piccoli, che ha scoperto di essere affetto da Alzheimer all’età di 43 anni. Testimonianze e approfondimenti come questo sono visibili nel nostro canale YouTube di Invalidità e Diritti.
Ausili e pulmino negato da Asl e scuola
«Sono stata costretta a scrivere al direttore generale dell’Asl minacciando una denuncia penale per discriminazione. Mi hanno telefonato il giorno dopo e la situazione si è risolta, almeno così pensavo».
«Il centro era distante da casa e non ho mai avuto un’automobile. Ho chiesto al Comune se c’era un pulmino per il trasporto dei ragazzi disabili, mi è stato detto di no. Quando l’ho chiesto per accompagnare mio figlio a scuola, si sono limitati a dire, infastiditi, che il pulmino era rotto e non c’erano soldi per aggiustarlo».
Alla fine per accompagnare Francesco al centro sua madre è stata costretta a pagare un taxi.
«Abito al primo piano, ma bisogna affrontare due rampe di scale e ora Francesco è grande, non riesco a portarlo in braccio. Ho chiesto all’Asl un montascale, mi hanno fatto preparare una documentazione infinita, l’ho presentata. È passato un anno e mezzo, il montascale non l’ho mai visto».
«Francesco ha bisogno di scarpe ortopediche. Se faccio la richiesta per le scarpe invernali, mi arrivano in estate. Quando la faccio in estate arrivano in pieno inverno. Alla fine un paio di scarpe ortopediche lo devo comprare a mie spese».
Non è finita.
«Ho chiesto per Francesco una carrozzina motorizzata, perché desidero che il ragazzo esca, sia libero di muoversi. La carrozzina me l’hanno data. Per il motore mi hanno detto di aspettare. So già che non arriverà mai».
Di seguito l’intervista a Samuele Viganò, che ha ideato SymChat per facilitare la comunicazione delle persone con disabilità attraverso l’uso di messaggi.
La discriminazione scolastica per la disabilità di Francesco
Le famose tutele per le persone disabili sono solo sulla carta. Ma a scuola, si è forse consumata la discriminazione più grave.
«Francesco ha superato le scuole medie con la media dell’otto. All’istituto comprensivo si è trovato molto bene, aveva legato con tanti compagni di classe. I professori avevano consigliato di iscrivere Francesco al liceo di Scienze Umane perché molto portato per l’italiano. Faccio la preiscrizione, tutto sembra in regola. A inizio anno la sorpresa, lo hanno iscritto al liceo linguistico perché non c’era posto. Scrivo una mail al dirigente scolastico, niente da fare. Mi hanno fatto capire che dal momento che il ragazzo è disabile, una scuola vale l’altra».

Diritto allo studio negato: quando disabilità significa che non esisti
«Poi è arrivato il covid, le cose sono andate anche peggio: niente fisioterapia, scuola a distanza, con Francesco che si è sentito sempre più isolato. Mi diceva: ma lo sai che l’insegnante di sostegno mi fa fare addizioni e sottrazioni, come se fossi in prima elementare, voglio studiare quello che fanno gli altri».
In pratica, un ragazzo che non ha un ritardo cognitivo, ma ha difficoltà di deambulazione, per la scuola italiana non ha gli stessi diritti e le stesse potenzialità degli altri, è solo un disabile.
«Lo trattavano come uno scarto. Ha deciso di non frequentare la scuola. Allora ho pensato che l’unica soluzione era quella di fargli cambiare istituto, ma il nulla osta è arrivato solo ad aprile. Nel frattempo avevo scritto molte mail al dirigente scolastico: nessuna risposta. Quando ho minacciato di denunciare la scuola, ha risposto che non aveva mai letto le mie mail, “ne arrivano tante”».
«Mi è stato anche detto che non dovevo lamentarmi, mio figlio a 16 anni ha completato l’obbligo formativo, ora poteva anche restare a casa».
Giusy racconta senza fermarsi un istante, si percepisce nelle sue parole l’ansia e la rabbia che ha accumulato in questi anni di inutili battaglie contro un’istituzione, quella scolastica, che avrebbe dovuto avere l’obbligo di tutelare suo figlio e garantirgli la necessaria istruzione. E invece lo ha relegato in un angolo, con l’unico obiettivo di liberarsene il prima possibile.
«Alla fine ho dovuto iscrivere mio figlio a una scuola privata, i fratelli più grandi di Francesco lavorano (uno è medico, un altro avvocato) e possono contribuire economicamente. Sta frequentando informatica, che è una sua passione. Dopo che avrà recuperato gli anni persi, si iscriverà di nuovo nella scuola pubblica».
Di mamme che come Giusy oltre ad assistere un figlio con disabilità sono anche costrette a battaglie continue per il diritto all’istruzione ce ne sono tante. La loro storia racconta il fallimento di una istituzione, quella scolastica, che dovrebbe garantire tutele e diritti agli studenti più fragili, ma spesso nasconde l’inadeguatezza dietro l’insufficienza e invalicabili questioni burocratiche.
Invaliditaediritti.it ha deciso di far conoscere queste storie spesso ignorate, vissute dai ragazzi e dai loro genitori in un silenzio impotente.
Se anche tu vivi una situazione di disagio simile a quella di Giusy, puoi segnalarla scrivendo una mail a [email protected]. Ovviamente sarebbe bello poter raccontare anche esperienze che, nonostante tutto, si sono rivelate molto positive per i bambini e le bambine e i loro genitori.
L’intervista a Giusy Lipari fa parte della sezione “Storie”. All’interno della stessa raccolta trovi anche:
- La storia di Lisa, «la scuola negata a mia figlia disabile»;
- La danza in carrozzina: ritmo e inclusione;
- Berardino Lo Chiatto, dai campetti al mondiale;
- Sono prigioniero in casa: disabile invisibile con sclerosi;
- Neuropatia, il buio. Ho perso tutto e provato a morire;
- Fibromialgia curata come malattia mentale: storia di Katia;
- Epilessia, emarginato da bambino: così sono rinato;
- Samuele, 18 anni: la mia App aiuta i disabili a comunicare con i messaggi;
- Disability Pride 2023: voce ai protagonisti;
- Sono bipolare, mi hanno tolto mia figlia: il dramma di Angela;
- Iacopo Melio: caregiver e categorie protette, cosa deve cambiare;
- Fibromialgia, diagnosi dopo 30 anni. Curato per depressione.