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Assegno invalidità, integrazione minima più alta: quando?

Assegno di invalidità e integrazione al minimo: quando spetta, come si calcola e quali limiti reddituali rispettare?
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10/12/23

Assegno di invalidità e integrazione al minimo: quando è possibile ottenerla? Ne parliamo in questo approfondimento (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le altre guide complete di IED. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi).

Indice

Assegno di invalidità e integrazione al minimo: quando spetta?

Assegno di invalidità e integrazione al minimo: nel 2023, chi percepisce un Assegno ordinario di invalidità di importo inferiore a 563,74 euro al mese (più alto rispetto al 2022, per effetto della rivalutazione), ha diritto all’integrazione al trattamento minimo, rispettando determinati limiti di reddito.

Il valore dell’Assegno di invalidità viene calcolato come una comune pensione, con le regole del sistema retributivo, contributivo o misto.

In caso di importi bassi, questi possono essere aumentati fino a raggiungere il valore dell’Assegno Sociale e non possono superare il valore del trattamento minimo vigente nell’anno in corso, come stabilisce l’articolo 1, comma 3 della legge numero 222 del 1984.

Per ottenere l’integrazione al trattamento minimo è necessario rientrare in determinati limiti reddituali.

Per il 2023 il limite di reddito personale annuo è pari a 13.085,02 euro, mentre il limite di reddito da coniugato annuo non deve superare i 19.627,53 euro.

In caso di beneficiario coniugato, è possibile superare il limite di reddito personale, ma non quello da coniugato. In questo caso gli spetterà un’integrazione parziale calcolata sulla differenza tra il reddito da coniugato e il limite massimo di reddito.

Ma quali sono i redditi da considerare per avere diritto all’Assegno di invalidità e integrazione al minimo:

  • i redditi soggetti a ritenute IRPEF;
  • l’importo dell’Assegno ordinario di invalidità, a partire dal 1995;
  • gli arretrati soggetti alla tassazione separata (arretrati, trattamento di fine rapporto, TFS).

Non sono inclusi nel conteggio: la casa di abitazione e la pertinenza.

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Assegno di invalidità e integrazione al minimo: cos’è e a chi spetta?

Abbiamo visto quando spetta l’Assegno di invalidità e integrazione al minimo e quali limiti reddituali rispettare per averne diritto.

Ora entriamo nel dettaglio della prestazione: cos’è l’Assegno ordinario di invalidità e a chi spetta?

Questa prestazione economica erogata dall’INPS è dedicata ai lavoratori dipendenti e autonomi con una riduzione a 2/3 della capacità lavorativa (66%), a causa di patologie o menomazioni fisiche o psichiche.

La prestazione non va confusa con l’assegno mensile di assistenza per invalidi parziali, che spetta con un’invalidità compresa tra il 74 e il 100%.

Questo perché l’Assegno ordinario di invalidità viene riconosciuta a coloro che hanno maturato almeno 5 anni di contributi in tutta la loro vita lavorativa, di cui almeno 3 anni negli ultimi 5 anni prima di presentare domanda.

Come visto, l’importo è calcolato come una comune pensione. Inoltre, con l’Assegno ordinario di invalidità si può continuare a lavorare, a differenza della pensione di inabilità lavorativa, che è incompatibile con qualsiasi attività lavorativa.

L’importo dell’Assegno, però, viene ridotto:

  • del 25%, se è compreso tra 4 e 5 volte il valore annuo del trattamento minimo (da 29.314,48 euro a 36.643,10 euro);
  • del 50%, se supera di 5 volte il valore annuo del trattamento minimo (36.643,10 euro).

Non è prevista alcuna riduzione se il reddito rimane al di sotto del limite di 29.314,48 euro annui.

Assegno di invalidità e integrazione al minimo
Assegno di invalidità e integrazione al minimo: in foto alcune banconote di euro.

Assegno di invalidità e integrazione al minimo: quanto dura e rinnovo

L’Assegno ha una durata di tre anni e può essere rinnovato, tramite domanda, per altri due trienni.

Dopo tre trienni consecutivi la prestazione diventa permanente, anche se il beneficiario può ugualmente essere soggetto a visite mediche di controllo, per appurare che le sue condizioni di salute non siano mutate.

Quando l’interessato compie l’età per la pensione di vecchiaia, la prestazione si trasforma automaticamente.

Ai fini della trasformazione e per il perfezionamento dei requisiti contributivi vengono considerati anche i periodi in cui l’interessato ha goduto dell’Assegno di invalidità, a patto che non abbia prestato attività lavorativa.

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