Patto per la terza età, il governo ha approvato il disegno di legge delega per la riforma dell’assistenza alle persone anziane. (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le ultime notizie sull’invalidità civile. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi. Abbiamo anche una pagina Instagram dove pubblichiamo le notizie in formato grafico e un canale YouTube, dove pubblichiamo videoguide e interviste).
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Il sì è arrivato dopo molti mesi e decine di incontri. Sul contenuto del disegno di legge abbiamo parlato, prevede una riforma globale dell’assistenza, un aiuto più concreto agli anziani e alle famiglie, l’attesa modifica dei criteri di valutazione per accertare il grado di invalidità o disabilità, il riconoscimenti della figura del caregiver e la riorganizzazione delle cure domiciliari offerte dal sistema sanitario nazionale.
Tante buone intenzioni (non tutte). La riforma deve concludere il suo iter parlamentare entro il marzo del prossimo anno ed entrare in vigore. Ma sul punto pesano molti dubbi.
Uno su tutti: il governo dove troverà le risorse necessarie per far diventare effettivo tutto quello che per ora è solo sulla carta?
Per l’assistenza anziani potresti essere interessato a un post che spiega come il governo abbia la necessità di spendere tre miliardi subito; vediamo anche com’è possibile oggi ottenere l’assistenza domiciliare anziani; e infine, cosa significa quando si parla di dividere l’assistenza dalla previdenza?
Patto per la terza età: riforma a costo zero
La questione è seria, anche perché all’interno del disegno di legge è stata introdotta la cosiddetta clausola dell’invarianza finanziaria. Cosa significa?
Che tutti i provvedimenti introdotti nel Patto per la terza età non dovranno generare costi aggiuntivi per lo Stato.
Si tratta di una scelta obbligata. Quel vincolo viene imposto a tutte le riforme del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In pratica, non la riforma per l’assistenza agli anziani non può e non deve prevedere anche degli aumenti strutturali della spesa corrente.
E allora, dove saranno trovati i fondi necessari?
Oltretutto bisogna fare in fretta, i decreti attuativi della legge devono essere emanati entro la fine del gennaio 2024.
Sembra tanto, sono invece solo pochi mesi e il rebus al momento sembra assai difficile da risolvere.
Il rischio concreto è quello di trovarsi con una riforma azzoppata, che peggiora piuttosto che migliorare l’attuale sistema di assistenza per fragili e anziani. Cerchiamo di capire perché.
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Patto per la terza età: obiettivi
I punti salienti del Patto per la terza età, ma in linea più generale gli obiettivi della riforma sono questi:
- migliorare le condizioni di vita, di cura e di assistenza delle persone anziane;
- realizzare degli interventi per favorire l’invecchiamento attivo;
- mettere in atto misure di prevenzione della fragilità tra gli anziani.
Questi obiettivi dovrebbero essere centrati realizzando queste condizioni:
rendere più semplice l’accesso ai servizi socio sanitari;
- rafforzare l’assistenza domiciliare;
- sviluppare soluzioni abitative più adeguate all’evoluzione dei bisogni assistenziali;
- puntare in modo consistente all’integrazione sociale, all’autonomia e alla vita indipendente.
Il governo pensa dunque a una vera rivoluzione del welfare per aiutare le famiglie ad affrontare senza gli attuali affanni i costi e il carico assistenziale che comporta prendersi cura di una persona anziana non autosufficiente.
Tutto bene dunque? Purtroppo non molto. E proprio a causa della clausola dell’invarianza finanziaria. Dove saranno prese le risorse per attuare il Piano?
Patto per la terza età: dubbi
Nella situazione attuale i fondi a disposizione del governo sono davvero ridotti. Ma non solo: il Patto per la terza età si incrocia con una delle questioni più calde per il futuro del Paese: la transizione demografica. Ovvero il costante e sempre più veloce invecchiamento della popolazione.
Un numero maggiore di anziani significa anche un incremento della spesa sociale (previdenziale, assistenziale, sanitaria): far quadrare i conti è già complicato oggi, sarà ancora più difficile domani e con la riforma (per molti versi positiva) proposta dal governo diventerà una missione quasi impossibile.
Non bisogna dimenticare che il nostro è un Paese con un debito pubblico altissimo. Un altro freno consistente agli investimenti.

Patto per la terza età: la sfida
La questione invecchiamento pesa molto in Italia, ma è una costante in quasi tutti i Paesi occidentali (e non solo: lo stesso problema, ad esempio, riguarda anche la Cina).
Le agenzie di rating, che valutano lo stato di salute delle economie nazionali, hanno già avvisato che saranno determinanti gli aumenti dei tassi di interesse (schizzati alle stelle nel tentativo di frenare la spinta inflazionistica) e l’incremento della spesa socio-assistenziale, destinata a crescere in modo costante negli anni per l’aumento della popolazione anziana.
Gli effetti della denatalità sono già evidenti. Potrebbero pesare in modo determinante proprio sul Patto per la terza età.
Sembra un paradosso: il Patto è stato immaginato per attenuare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, ma proprio quell’invecchiamento (che riduce la forza lavoro e fa salire la spesa sociale) è uno dei maggiori ostacoli per l’attuazione effettiva del Piano.
Un po’ come accade per la riforma delle pensioni. Governo e parti sociali dovranno incontrarsi nei prossimi giorni (dopo mesi di stop): ma la discussione è complicata. Anche in quel caso qualsiasi tipo di proposta che riguarda la flessibilità in uscita, le maggiori tutele per donne, giovani e fragili, si scontra con la mancanza di risorse: si deve infatti anche far fronte all’aumento consistente di pensionati nei prossimi anni, che coincide, proprio a causa della denatalità, con un calo importante del numero di lavoratori attivi.
Due condizioni che mettono a rischio il sistema previdenziale.
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