Inabilità e invalidità, quando si può lavorare

Inabilità e invalidità, quando si può lavorare e quando invece è assolutamente vietato (si perde l'assegno). Ma anche cosa comporta lavorare percependo una pensione di invalidità: a quanto ammontano i tagli, quando scattano e quando invece non si applica nessuna decurtazione.
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2/4/23

Inabilità e invalidità, quando si può lavorare? Sull’argomento c’è una certa confusione, cerchiamo di fare chiarezza. (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le ultime notizie sull’invalidità civile. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi).

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Quasi tutti benefici economici legati all’invalidità consentono di continuare a svolgere una attività lavorativa. Anche – quando è possibile – l’indennità di accompagnamento. In molti casi c’è solo da far attenzione al reddito, superando una certa soglia si può infatti perdere il diritto a ricevere il sostegno economico o si va incontro a decurtazioni dell’assegno.

Per altri benefici legati all’invalidità le normative fanno esplicito divieto a svolgere una qualsiasi attività lavorativa.

Sull’argomento potrebbe interessarti sapere come funzionano insieme assegno ordinario e pensione di invalidità; o anche come si calcola l’importo dell’assegno ordinario; o se i contributi per l’invalidità sono utili per ottenere l’Ape sociale.

Inabilità e invalidità: lavoro e differenze

Vediamo quali sono le differenze e quali sono i trattamenti assistenziali e previdenziali che non consentono di continuare a lavorare.

In pratica, e diciamolo subito: non è possibile continuare a lavorare solo quando è stata riconosciuta la pensione per assoluta e permanente inabilità a qualsiasi attività lavorativa. E del resto, è possibile comprenderlo già dalla definizione di questo trattamento Inps.

Ma entriamo nel dettaglio e vediamo quando è possibile continuare a lavorare con una pensione di invalidità.

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Inabilità e invalidità: assoluta e permanente inabilità

Partiamo proprio dalla pensione per assoluta e permanente inabilità a qualsiasi attività lavorativa. Ebbene, questo trattamento viene erogato proprio perché la persona con invalidità non ha più la possibilità di svolgere un lavoro.

Per cui è palese che se l’assistito cominciasse a lavorare perderebbe il diritto a ricevere quel sostegno economico.

E infatti chi accede a questo trattamento ha anche l’obbligo di cancellarsi da elenchi, albi e ordini che riguardano professioni, arti o mestieri.

Inabilità e invalidità: alle mansioni e al proficuo lavoro

Ai dipendenti pubblici viene riconosciuta la pensione per inabilità alle mansioni e l’inabilità al proficuo lavoro. Si tratta di misure previdenziali e quindi è necessario avere dei requisiti contributivi. Questa pensione viene concessa quando il lavoratore ha una riduzione della capacità lavorativa. Una riduzione che però non è riferita a qualsiasi attività lavorativa, ma a specifiche mansioni. Mentre può essere più estesa quando l’inabilità riguarda il proficuo lavoro.

Siamo comunque di fronte a una incapacità lavorativa che non è totale, come quella della inabilità a qualsiasi attività lavorativa.

Per essere più chiari:

  • l’inabilità al proficuo lavoro, significa di fatto che non si ha più la capacità di svolgere in modo continuo una attività, con conseguenze inevitabili anche dal punto di evita economico. Ma la disabilità non impedisce comunque di lavorare;
  • l’inabilità alle mansioni, significa invece che il lavoratore non è più in grado di portare a termine la stessa mansione che svolgeva prima.

E comunque, come appare chiaro, in entrambi i casi il pensionato può ancora continuare a lavorare.

Inabilità e invalidità: decurtazione dell’assegno

Questi due trattamenti (come del resto l’assegno ordinario di invalidità) non sono però completamente cumulabili con i redditi da lavoro.

In pratica, se l’assegno che si percepisce è superiore al trattamento minimo (524,35 euro al mese per il 2022), quello che eccede quella cifra può subire una riduzione quando l’assistitito svolge una attività lavorativa.

L’entità della decurtazione dipende dalla provenienza del reddito. Ci spieghiamo meglio:

  • per i redditi da lavoro dipendente, il taglio è del 50% di quello che supera il trattamento minimo;
  • per i redditi da lavoro autonomo, il taglio è del 30% di quello che supera il trattamento minimo.

Inabilità e invalidità: non si applica il taglio

Ci sono anche casi in cui la decurtazione non viene applicata:

  • quando il reddito è inferiore al trattamento minimo Inps;
  • quando il pensionato è assunto con contratti a termine per non più di 50 giornate l’anno;
  • quando il reddito deriva da attività svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili, promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private;
  • quando il lavoratore è occupato come operaio agricolo;
  • quando il pensionato è occupato come addetto ai servizi domestici e familiari;
  • quando il reddito conseguito è un’indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace;
  • quando il reddito conseguito è un’indennità o un gettone di presenza percepiti dagli amministratori locali;
  • quando il reddito conseguito è un’indennità connessa a cariche pubbliche elettive;
  • quando il reddito conseguito è un’indennità percepita dai giudici onorari aggregati per l’esercizio delle loro funzioni;
  • quando il reddito deriva da un’indennità percepita dai giudici tributari.

Inabilità e invalidità: assegno ordinario

Con l’assegno ordinario abbiamo già accennato è possibile continuare a lavorare. Ma anche in questo caso c’è una decurtazione dell’assegno qualora vengano superati determinati limiti di reddito.

Vediamo come funziona:

  • se il reddito supera 4 volte il trattamento minimo annuo (27.261 euro) l’assegno d’invalidità si riduce del 25%;
  • se il reddito supera 5 volte il trattamento minimo annuo (34.082,75 euro) l’assegno d’invalidità si riduce del 50%.

Se l’assegno ordinario ridotto dovesse comunque restare al di sopra del trattamento minimo, potrebbe subire una seconda decurtazione. Si tratta della trattenuta e dipende dagli anni di contribuzione della persona assistita. Vediamo come:

  • con almeno 40 anni di contributi non si applica nessuna trattenuta aggiuntiva;
  • con meno di 40 anni di contributi la seconda trattenuta varia, è diversa se il reddito sia da lavoro dipendente o autonomo:
    • per il lavoro dipendente, la trattenuta è pari al 50% della quota di assegno che supera il trattamento minimo, ma non può superare l’importo dei redditi da lavoro percepiti;
    • per il lavoro autonomo, invece, la trattenuta è pari al 30% della quota che supera il trattamento minimo, ma non può essere superiore al 30% del reddito prodotto.

Non sempre però la seconda trattenuta viene applicata. Infatti viene esclusa in questi casi:

  • se il reddito conseguito è inferiore al trattamento minimo;
  • se il lavoratore è assunto con contratti a termine di durata inferiore a 50 giornate nell’anno solare;
  • se il reddito deriva da attività socialmente utili svolte durante programmi di reinserimento degli anziani promossi da enti locali e altre istituzioni pubbliche o private, o da altre attività (come: operai agricoli, collaboratori familiari, giudici di pace e tributari, amministratori locali, cariche pubbliche elettive…).
Inabilità e invalidità, quando si può lavorare

Inabilità e invalidità: pensione di invalidità

Può lavorare anche chi percepisce una pensione di invalidità civile. Ma non bisogna superare determinati limiti di reddito (o si rischia di perdere l’accredito mensile dell’assegno):

  • per il lavoro dipendente: 8mila euro l’anno;
  • per il lavoro autonomo: 4.800 euro l’anno.

Il limite di reddito è di 5.015,14 euro l’anno per l’invalidità civile. Mentre per l’inabilità civile (invalidi totali, 100%) è di 17.050,42 euro.

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