Assegno ordinario, quando conviene?

Assegno ordinario, quando conviene e quando invece può rivelarsi poco vantaggioso per il cittadino. Vediamo quali sono i casi, quando è conveniente e quando sarebbe preferibile rinunciare. Similitudine e differenze con la pensione di inabilità lavorativa.
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22/3/23

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L’assegno ordinario di invalidità è una misura di sostegno previdenziale molto elastica, consente cioè di scegliere se lavorare o meno ed è possibile accedere a questa misura anche se già si usufruisce dei permessi Legge 104.

Un beneficio che non garantisce la pensione di reversibilità, ma la pensione indiretta.

Su questo argomento potrebbe interessarti un post che ti dice se l’assegno ordinario di invalidità è reversibile; o un focus che ti consiglia cosa scegliere tra assegno ordinario e pensione di inabilità; e infine sulla cumulabilità tra l’assegno ordinario e il congedo legge 104.

A chi spetta

L’assegno ordinario di invalidità è concesso a tutti i lavoratori che hanno una riduzione della capacità di lavoro specifica superiore ai 2/3. Il che significa che la riduzione deve essere rapportata alle competenze che si possiedono e non in via generale.

La questione può essere espressa anche in modo più semplice: l’invalidità deve rendere più complicato effettuare il lavoro che l’assistito svolge e per il quale ha delle precise competenze.

Non serve quindi una generica riduzione di 2/3 ma, appunto, deve essere specifica.

Si tratta di una misura previdenziale, e quindi sono richiesti anche:

  • almeno cinque anni di contributi, di cui 3 che precedono la richiesta;
  • i contributi devono essere versati dell’Ago o nelle casse per lavoratori autonomi (sono esclusi i dipendenti pubblici, che hanno altri tipi di misure).

Come abbiamo accennato nei paragrafi precedenti, chi riceve l’assegno ordinario di invalidità può continuare a lavorare e se è titolare della legge 104 usufruire dei tre giorni di permesso retribuito mensile (frazionabile anche in ore).

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Assegno ordinario: tre anni

Prima di venire al dunque ricordiamo che l’assegno ordinario di invalidità ha una durata di tre anni. Scaduto quel termine deve essere rinnovato, dopo tre rinnovi consecutivi la misura previdenziale diventa definitiva fino a trasformarsi a 67 anni in pensione di vecchiaia.

Si trasforma, e sempre in automatico, in pensione di vecchiaia anche se il lavoratore che ne usufruisce ha smesso di lavorare. L’Inps riconosce infatti al titolare dell’assegno ordinario i contributi figurativi, che valgono per determinare il diritto alla pensione (il numero di anni di contributo), ma non incidono invece sull’ammontare dell’importo.

Assegno ordinario: importi

Fin qui dunque è difficile trovare degli aspetti negativi per l’assegno ordinario d’invalidità. È chiaro comunque che resta una misura previdenziale e quindi se il lavoratore accede a questo trattamento ma ha pochi anni di contributi versati, riceverà un importo ridotto. In quel caso, se possibile, conviene continuare a svolgere una attività lavorativa, non solo per alimentare il reddito, ma anche per far crescere il montante contributivo in vista della pensione.

Assegno ordinario: quando non conviene

Quando l’assegno ordinario di invalidità decisamente non conviene? Beh, sicuramente quando il lavoratore si trova a non molta distanza temporale dalla pensione anticipata. Il motivo è semplice ed è scritto nelle disposizioni che regolano l’accesso e l’erogazione di questa misura: il titolare dell’assegno ordinario di invalidità non può accedere a un trattamento pensionistico anticipato.

Assegno ordinario: esempio

Facciamo un esempio: se un lavoratore ha già 42 anni di contributi, e quindi dopo10 mesi potrebbe accedere alla pensione anticipata ordinaria, potrebbe avere solo svantaggi con l’assegno ordinario di invalidità.

Infatti se richiede e ottiene l’assegno ordinario, sarà costretto ad aspettare altri 3 anni (e non più10 mesi) per accedere all’anticipo. Dovrà quindi aspettare che scada l’assegno ordinario (che ha una validità, appunto, di 3 anni) e non chiederne il rinnovo.

La questione può diventare ancora più delicata per chi si trova in quella situazione e ha già ottenuto due rinnovi, come abbiamo già accennato, dopo il terzo l’assegno ordinario diventa definitivo. Il che significa che bisognerà aspettare i 67 anni per avere diritto alla pensione di vecchiaia. Non avrebbe quindi più nessuna possibilità di anticipare l’uscita (pur avendo i requisiti contributivi).

Bisogna quindi fare bene i conti prima di accedere a determinate misure per l’invalidità. Ovviamente soprattutto quando si è in prossimità della pensione, in particolare se anticipata.

Assegno ordinario, quando conviene?
Assegno ordinario, quando conviene?

Assegno ordinario: pensione di inabilità

L’assegno ordinario di invalidità ha molti punti in comune con la pensione di inabilità lavorativa. Entrambe sono misure previdenziali, entrambe prevedono un minimo contributivo (5 anni).Ma si diversificano in due punti essenziali.

Per la pensione di inabilità lavorativa il requisito sanitario è una invalidità al 100% (e non di 2/3). E soprattutto, chi riceve questa misura non può lavorare.

In realtà le pensioni di inabilità lavorativa possono essere di tre tipi. Vediamo quali.

Pensione di inabilità al proficuo lavoro:

  • per un dipendente pubblico se l’inabilità riconosciuta è al proficuo lavoro, possiede un’inabilità tale da impedire una collocazione lavorativa continuativa e remunerativa, si può ottenere la pensione, a seguito di dispensa dal servizio, con almeno 15 anni di servizio (14 anni, 11 mesi e 16 giorni).

Pensione di inabilità alle mansioni:

  • Se un dipendente pubblico è riconosciuto inabile alle mansioni, puoi essere dispensato dal servizio solo se la sua amministrazione non può ricollocarti in una mansione equivalente. L’amministrazione, in assenza di mansioni equivalenti, può proporre una mansione inferiore, ma il dipendente è libero di accettarla o meno.
  • Questo è il requisito contributivo:
    • almeno 15 anni di servizio (14 anni, 11 mesi e 16 giorni), se sei dipendente dello Stato;
    • almeno 20 anni di servizio (19 anni, 11 mesi e 16 giorni), se sei dipendente del comparto sanità o di un ente locale.

C’è infine la pensione di inabilità a qualsiasi attività lavorativa (che è la pensione di inabilità a cui si faceva riferimento nei paragrafi precedenti):

Se viene riconosciuta un’inabilità permanente e assoluta a qualsiasi attività lavorativa, si diritto alla pensione d’inabilità con almeno 5 anni di contributi, di cui 3 accreditati nell’ultimo quinquennio. Con questa misura non si ha più la possibilità di svolgere una attività lavorativa.

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