Verbale commissione INPS: 2 strade per contestarlo

Verbale commissione INPS, ci sono 2 strade per contestarlo: per via amministrativa o giudiziale. Vediamo come funzionano le procedure, qual è la più efficace e quali sono i costi eventuali da affrontare.
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27/5/23

Verbale commissione INPS: ci sono 2 strade per contestarlo, sia per via amministrativa, sia per via giudiziaria. (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le ultime notizie sull’invalidità civile. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi. Abbiamo anche una pagina Instagram dove pubblichiamo le notizie in formato grafico e un canale YouTube, dove pubblichiamo videoguide e interviste).

INDICE

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I cittadini possono contestare il verbale della commissione INPS se ritengono che la valutazione sia stata sbagliata, se l’esito è negativo o si è concluso con l’annullamento del diritto a ricevere un beneficio o un sostegno economico.

Nel mirino è dunque la decisione della commissione medico legale. Queste commissioni sono composte da 5 medici:

  • uno specialista in medicina legale;
  • altri due medici (e uno dei due deve essere specializzato in medicina del lavoro);
  • un medico dell’INPS;
  • un medico in rappresentanza delle categoria che è interessata dall’accertamento sanitario.

Il verbale emesso dalla commissione è un atto pubblico, il che significa, in punta di diritto, che è piena prova fino a quando non viene presentata una querela per falso. In questo caso si avvia una causa proprio tramite la presentazione di una querela di falso. L’obiettivo dell’azione giudiziaria sarà dunque quello di dimostrare che il verbale è falso.

Su questo argomento potrebbe interessarti un post che spiega come ottenere l’invalidità al 75 per cento e come fare ricorso; abbiamo anche verificato la durata, la procedura e i costi per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento; e infine c’è un articolo che spiega il valore della sentenza nei casi di ricorso per la Legge 104.

Verbale commissione INPS: come si contesta

Come abbiamo anticipato nell’incipit di questo post ci sono due metodi per contestare il verbale di una commissione Inps:

  • la domanda di revisione;
  • il ricorso di accertamento tecnico preventivo.

Vediamo come funzionano.

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Verbale commissione INPS: domanda di revisione

La domanda di revisione è il metodo più semplice per cercare di ribaltare o cambiare le conclusione della commissione medica INPS. Ma si tratta anche della strada che offre meno chance al cittadino.

In pratica, se il risultato espresso dalla commissione medica è negativo (non ha riconosciuto la percentuale di invalidità che il contribuente si aspettava o si ritiene che non siano state prese nelle giusta considerazione le patologie, la menomazione o l’handicap dell’assistito), si può presentare una nuova richiesta amministrativa per essere sottoposto a un’altra visita.

In questo caso è opportuno allegare una documentazione medica recente che attesti un aggravamento delle condizioni di salute del cittadino.

È ovvio che di fronte alla stessa certificazione medica una commissione difficilmente potrebbe modificare il giudizio, anche perché di fatto smentirebbe sé stessa.

Verbale commissione INPS: accertamento tecnico preventivo

L’altra possibilità di ribaltare o modificare l’esito del verbale emesso dalla commissione medico legale dell’INPS è l’accertamento tecnico preventivo.

L’accertamento tecnico preventivo deve essere effettuato prima del giudizio (davanti a un giudice): è in pratica la base, o meglio l’atto necessario, per poter impugnare il verbale in tribunale.

L’atp serve a ridurre i tempi di del giudizio. Funziona così:

  • il cittadino chiede al giudice di nominare un consulente tecnico d’ufficio, che è un medico specializzato nella patologia che si dovrà esaminare;
  • il giudice nomina il consulente (Ctu) che avrà il compito di valutare la correttezza della valutazione che è stata effettuata dalla commissione medico legale dell’INPS.

Se la relazione del Ctu è favorevole rispetto alle richieste del cittadino e se la controparte (l’INPS) non presenta opposizione, il giudice emetterà il decreto di omologa, che non può essere impugnato.

Se invece una delle parti (il cittadino o l’INPS) decide di impugnare le conclusioni del Ctu sarà indispensabile avviare una vera causa (con i tempi che inevitabilmente si dilatano e con un contenzioso che potrebbe anche non concludersi con la sentenza di primo grado).

Il ricorso giudiziale, e quindi con l’accertamento tecnico introduttivo, è in genere più efficace rispetto alla richiesta di revisione. Deve essere presentato entro sei mesi dalla data di emissione del verbale da parte della commissione.

L’unico neo di questa procedura sono i costi. Un tema che verifichiamo nel paragrafo successivo.

Verbale commissione INPS: 2 strade per contestarlo
Nella foto un medico firma un verbale

Verbale commissione INPS: costo Atp

Prima di tutto chi ricorre alla magistratura contro l’esito di un verbale per l’invalidità deve sapere che è necessario farsi rappresentare da un avvocato. La parcella non è sempre la stessa, dipende dal professionista. Un consiglio: quando vi rivolgete a un legale (anche se è stato proposto da un patronato) chiedete subito quali sono i costi, si eviteranno brutte sorprese al termine della causa.

Di certo bisogna pagare un contributo unificato, che costa 43 euro. Se si perde il giudizio sarà anche necessario pagare le spese della parte che ha vinto.

C’è da dire che nelle cause su questioni previdenziali e assistenziali, coloro che hanno un reddito imponibile non superiore ai 35.240,04 euro (fa fede la dichiarazione dei redditi) sono esonerati dalle spese per iscrivere la causa in tribunale (i 43 euro).

La parte che perde il giudizio non può essere condannata al pagamento di spese, competenze e onorari di giudizio, se nell’anno del “verdetto” ha un reddito imponibile pari o inferiore a 23.493,36 euro.

Può accedere al gratuito patrocinio (non si paga l’avvocato) chi ha un reddito (se convivente fa fede quello familiare) non superiore a 11.746,68 euro.

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