Congedo legge 104, il datore di lavoro può negarlo?

Congedo legge 104, il datore di lavoro può negarlo? Vediamo insieme cosa dice la legge e i diritti del dipendente. Come e a chi chiedere il congedo legge 104, perché viene concesso il beneficio e come comportarsi con il titolare dell'azienda.
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22/3/23

Congedo legge 104, il datore di lavoro può negarlo? Ovvero può dire al dipendente che non può assentarsi? (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le ultime notizie sulla Legge 104. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi).

INDICE:

La questione viene posta spesso dai nostri lettori. Evidentemente non sono pochi quelli che si sono trovati di fronte a titolari di aziende che rispetto alla richiesta di congedo retribuito presentata dal dipendente hanno eretto un muro di no.

Congedo legge 104: non decide il datore di lavoro

Diciamolo subito: la decisione non può spettare al datore di lavoro, anche perché in questo modo si rischierebbe di annullare il senso della Legge 104, che è quello di assicurare alla persona con disabilità grave la necessaria assistenza.

Ma è anche vera un’altra cosa: il dipendente dovrà cercare di evitare per quanto è possibile di ridurre le conseguenze negative per l’azienda dove è occupato.

In pratica: se ci sono dei periodi dell’anno in cui la sua presenza è essenziale farebbe bene, quando è possibile ovviamente, a rimodulare il calendario delle sue assenze.

Un po’ come si fa con i permessi retribuiti, che devono essere programmati con il datore di lavoro (fatte salve, è chiaro, le emergenze non prevedibili).

Entriamo però nel dettaglio e verifichiamo quali sono i diritti del lavoratore che usufruisce del congedo straordinario.

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Congedo legge 104: come funziona la procedura

Lo ribadiamo, perché è meglio chiarire questo concetto: il diritto del dipendente di fruire del congedo legge 104 (così come dei permessi retribuiti) è sancito dalla stessa legge 104. Questo significa che il datore di lavoro non può rifiutarsi di concederlo.

Tanto è vero che la procedura per ottenere il congedo biennale non passa per il datore di lavoro. Ovvero non viene coinvolto in questa decisione.

Il dipendente infatti, per accedere al beneficio, deve presentare la domanda all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Bisogna inoltrarla per via telematica.

È possibile seguire i consueti canali:

  • domanda via web: servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite lo Spid attraverso il portale dell’Istituto – servizio di Invio OnLine di Domande di Prestazioni a Sostegno del Reddito;
  • attraverso i patronati che possono occuparsi di inoltrare per via telematica la richiesta documentata;
  • tramite il contact center multicanale, chiamando il numero 803164 gratuito riservato all’utenza che chiama da telefono fisso e il numero 06164164 con tariffa a carico dell’utente, attivo solo per chiamante da telefoni cellulari.

Congedo legge 104: verifiche

Dopo aver ha ricevuto la domanda del dipendente, l’Inps avvia una serie di controlli: deve accertare se il dipendente è in possesso di tutti i requisiti che sono previsti dalla legge per beneficiare del congedo straordinario.

Nel caso i requisiti fossero tutti rispettati, l’Inps inoltra una comunicazione via Pec. Arriva nelle mano del datore di lavoro che – in teoria – solo in quel momento viene direttamente coinvolto nell’iter.

Nella comunicazione Inps, il titolare dell’azienda conoscerà il periodo di tempo in cui il dipendente sarà assente per il congedo legge 104.

E quindi, come è evidente già dall’iter, il datore di lavoro (o il capufficio) non ha nessuna possibilità di incidere sulla decisione del dipendente.

Però il buon senso dovrebbe consigliare di non arrivare a questo punto. Anche perché un lavoratore, così come recitano tutti i contratti, deve comunque attenersi ai principi della correttezza e della buonafede.

Senza dimenticare un particolare non irrilevante: dopo il congedo bisognerà comunque ritornare a svolgere quell’attività, nello stesso ambiente e molto probabilmente anche con lo stesso datore di lavoro.

Congedo legge 104: in accordo con l’azienda

E quindi, nonostante il titolare dell’impresa non abbia in alcun modo il potere di rifiutare al dipendente la fruizione del congedo straordinario (o dei permessi retribuiti), è comunque dovere del lavoratore cercare di arrecare il minor danno possibile all’azienda.

E quindi, come accennato, laddove è possibile (bisogna sempre ricordarsi che il soggetto centrale resta il familiare con disabilità grave), preferibile assentarsi in un periodo compatibile con le esigenze dell’azienda. Naturalmente quando il congedo straordinario non viene fruito tutto insieme. In quel caso si può solo, eventualmente, rimandarlo.

Negli anni c’è stata spesso una conflittualità tra i datori di lavoro e i benefici connessi con la legge 104 (e tante anche le conseguenze giudiziarie, le sanzioni e diversi licenziamenti). Non possiamo escludere che una parte di questa contrapposizione sia stata alimentata anche da dipendenti che non hanno tenuto conto delle esigenze di gestione, produzione e organizzazione dell’azienda dove erano occupati. Senza ovviamente dimenticare quei datori di lavoro che erano contrari a prescindere alla fruizione dei benefici (non comprendendo, evidentemente, il fine ultimo di quelle agevolazioni, che era, appunto, l’assistenza al familiare con disabilità grave).

Congedo legge 104.

Congedo legge 104: per chi

Ricordiamo in sintesi chi può beneficiare del congedo legge 104:

Il congedo straordinario (articolo 42, comma 5 del decreto legislativo numero 119 del 2011) dà diritto al familiare che assiste una persona con disabilità grave di beneficiare di due anni retribuiti di congedo (presi tutti insieme o frazionati).

Possono beneficiarne (in ordine di priorità):

  • il coniuge convivente della persona con disabilità grave;
  • i genitori biologici o adottivi/affidatari della persona con disabilità grave;
  • il figlio o i fratelli/sorelle, parenti o affini fino al terzo grado conviventi della persona con disabilità grave.

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