Legge 104, no a trasferimento e turni notturni con comma 1

Legge 104, no a trasferimento e turni notturni con comma 1, lo ha stabilito una recente sentenza della Cassazione. Per i magistrati non c’è un riferimento preciso nella normativa che stabilisca la necessaria presenza dello “stato di gravità” che è stata imposta solo dalla prassi. Una persona disabile ha sempre diritto all’assistenza.
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27/5/23

Legge 104, no a trasferimento e turni notturni per il caregiver che assiste un familiare con il comma 1. (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le ultime notizie sulla Legge 104. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi. Abbiamo anche una pagina Instagram dove pubblichiamo le notizie in formato grafico e un canale YouTube, dove pubblichiamo videoguide e interviste).

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Lo ha stabilito in una sentenza emessa dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione che ribalta una prassi consolidata. L’ordinanza (la numero 12649 del 10 maggio 2023) rimuove anche le sostanziali differenze che sui trasferimenti e il diritto a rifiutare il lavoro notturno ha contraddistinto il comma 1 dal comma 3 (disabilità grave) della Legge 104.

L’ordinanza è di qualche giorno fa e ci è stata inviata da un lettore (che ringraziamo). La ratio della sentenza è semplice e inoppugnabile: un persona disabile ha sempre diritto all’assistenza, a prescindere dallo stato di gravità.

La pronuncia dei giudici dell’Alta Corte potrebbe essere destinata riscrivere molte regole della 104. Regole che, come vedremo, spesso non fanno riferimento alla normativa ma, come detto, solo alla prassi.

Su questo argomento potrebbe interessarti un articolo che spiega se il medico competente può esonerare il lavoratore dal turno notturno; c’è anche un articolo sul turno notturno per caregiver, come funziona; e infine ti ricordiamo in un altro post quando e come richiedere la legge 104.

Legge 104, comma 1: la decisione

I giudici della Cassazione hanno confermato una sentenza già emessa in primo grado e ribadita dai giudici della Corte d’Appello di Milano.

Il caso è nato dal rifiuto di un lavoratore che assiste un familiare titolare della Legge 104, comma 1, di prestare servizio nei turni notturni. Ebbene, come anticipato, i magistrati hanno condiviso l’interpretazione della norma fornita dal giudice di primo grado: «Ai fini della possibilità di esonero dai turni notturni, non viene richiesta la dichiarazione di gravità dello stato di handicap del familiare a carico del lavoratore». A supporto di questa conclusione l’Alta Corte ha citato l’articolo 53, comma 3, del decreto legislativo numero 152 del 26 marzo 2001 e l’articolo 11, comma 2, lettera c, del decreto legislativo numero 66 dell’8 aprile 2003.

Ma non solo: i magistrati hanno esteso lo stesso diritto anche alla possibilità di rifiutare il trasferimento.

Vediamo come si è arrivati alla formulazione di questa ordinanza.

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Legge 104, comma 1: il ricorso

Il ricorso del datore di lavoro, avverso alla sentenza della Corte di Appello, poggiava su due motivi:

  • l’accertamento dello stato di gravità è necessario per l’esenzione dai turni di lavoro notturni perché solo in caso di accertato stato di gravità dell’handicap può ritenersi provata e necessaria un’assistenza sistematica e adeguata alla persona disabile tale da giustificare la compressione dei contrapposti obblighi lavorativi;
  • la sentenza della Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che il lavoratore non ha mai offerto la prova dell’assistenza sistematica e adeguata effettivamente garantita alla persona bisognosa perché “a carico” tale da determinare difficoltà nella vita lavorativa. Per il datore di lavoro la sola circostanza della convivenza sarebbe «sterile se non commisurata al grado di impegno (assistenza) che la condizione di gravità dell’handicap può comportare».

Legge 104, comma 1: l’ordinanza (lavoro notturno)

Quelle nel paragrafo precedente sono dunque le motivazioni del datore di lavoro. Vediamo ora cosa ha stabilito la Cassazione.

I magistrati, a proposito delle limitazioni per il lavoro notturno, hanno citato l’articolo 11, comma 2, lettera C del decreto legislativo numero 66 dell’8 aprile 2003. La norma prevede che non sono obbligati a prestare lavoro notturno «la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge numero 104 del 5 febbraio 1992».

Si tratta di un esonero – spiegano i magistrati – rimesso alla volontà del lavoratore che si trovi nelle condizioni elencate dalla legge. E quindi può far valere il proprio dissenso in forma scritta e comunicandolo al datore di lavoro entro 24 ore prima della prestazione lavorativa.

I giudici, citando la legge 104, hanno ricordato che «è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».

In pratica: la persona con disabilità ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e all’efficacia delle terapie riabilitative.

Questa premessa è determinante. Perché, sostengono i giudici, «per fruire dell’esonero dall’obbligo di prestare lavoro notturno occorre che si sia in presenza di un soggetto disabile ai sensi della Legge 104». 

E secondo la normativa, la condizione di disabilità è già palese in chi presenta le menomazioni descritte dal comma 1 dell’articolo 3 della 104. Infatti, per la Cassazione, la connotazione di gravità prevista dal comma 3 è solo un carattere ulteriore e aggiuntivo.

Per cui, questa è la conclusione dei magistrati, per fruire del beneficio (esenzione dai turni notturni) è sufficiente la condizione di disabilità.

I giudici ritengono che non ha rilevanza se la persona disabile sia o meno a carico del caregiver. L’essere a carico non avrebbe nessuna incidenza sulla gravità o meno dell’handicap, indica solo una relazione di assistenza tra il lavoratore e il disabile.

In pratica, si può avere cura e farsi carico di un familiare con disabilità anche nel caso non sia necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.

Inoltre, sottolineano i giudici, il legislatore ha esplicitamente richiesto per la fruizione dei permessi giornalieri o del congedo, la situazione di gravità del familiare con disabilità (comma 3). Cosa che non è stata invece specificata per i turni notturni.

Legge 104, comma 1: l’ordinanza (trasferimento)

I giudici sono andati oltre e seguendo il filo della stessa interpretazione si sono pronunciati anche sul diritto a rifiutare un trasferimento anche per i lavoratori che assistono un familiare con disabilità con il comma 1.

I magistrati hanno stabilito infatti che «il trasferimento senza consenso del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente (ex articolo 33, comma 5, legge numero 104 del 1992) debba essere vietato anche quando la disabilità del familiare non si configuri come grave».

Nell’ordinanza si dispone che questo principio deve essere applicato anche se viene richiesta testualmente la situazione di gravità

Il datore di lavoro può opporsi al rifiuto del dipendente di accettare il trasferimento, solo se prova «la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti”.

Legge 104, no a trasferimento e turni notturni con comma 1
Nella foto una lavoratrici impegnata in un turno notturno

Legge 104, comma 1: lo spirito della norma

I magistrati hanno ricordato che lo spirito della Legge 104 è quello di favorire la socializzazione della persona con disabilità predisponendo strumenti che sono rivolti ad agevolare il suo pieno inserimento nella famiglia, nella scuola e nel lavoro.

E quindi il requisito aggiuntivo della «situazione di gravità» è del tutto ingiustificato in un ambito, quello dei diritti delle persone con disabilità, che non può subire delle limitazioni di tutela rispetto a quelle che sono state previste dal legislatore.

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