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L’articolo 21 della Legge 104 rappresenta un importante punto di riferimento per i lavoratori con disabilità in Italia. Questo articolo disciplina il diritto di precedenza nell’impiego pubblico per le persone con un grado di invalidità superiore ai due terzi.
Esso garantisce a tali individui il diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili quando vengono assunti presso enti pubblici, sia come vincitori di concorsi che in altre forme di assunzione.
Inoltre, l’articolo 21 sancisce anche il diritto di precedenza durante le richieste di trasferimento a domanda. Questo diritto di precedenza rappresenta un importante strumento per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità e per garantire pari opportunità di impiego.
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Esploriamo ora nel dettaglio le disposizioni e le implicazioni a riguardo della Legge 104 e articolo 21 sul trasferimento.
Indice
Legge 104 e articolo 21 sul trasferimento: cosa afferma tale articolo?
L’articolo 21 della Legge 104 regola il diritto di priorità nell’occupazione pubblica. Questa disposizione stabilisce che le persone con disabilità, che abbiano un grado di invalidità superiore ai due terzi, già riconosciuto tramite un verbale specifico o con minorazioni elencate nelle categorie prima, seconda e terza della Tabella A allegata alla legge del 10 agosto 1950, n. 648, hanno il diritto di scegliere in modo prioritario tra le posizioni disponibili quando vengono assunte presso enti pubblici tramite concorso o in altre circostanze. Tali persone hanno anche la precedenza nelle richieste di trasferimento.
Un esempio in cui il diritto di precedenza può essere validamente esercitato riguarda i docenti, nel momento in cui raggiungono un grado di invalidità pari o superiore al 67% (ovvero un’invalidità superiore ai due terzi).
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Legge 104 e articolo 21 sul trasferimento: cosa afferma la normativa?
L’articolo 33 della Legge 104 del 1992, comma 5, stabilisce il diritto del lavoratore di scegliere, quando possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere. La norma non specifica se la persona con disabilità debba necessariamente trovarsi in una situazione grave, ma la giurisprudenza sembra propendere in questa direzione. L’espressione “quando possibile” implica che il rifiuto di trasferimento non può essere interpretato come un diritto assoluto del lavoratore.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha emesso la sentenza numero 26603 il 18 ottobre 2019, stabilendo che per riconoscere il diritto al trasferimento del lavoratore, devono essere presenti alcuni indicatori che dimostrino la reale necessità di assistenza nei confronti del parente disabile. Questa sentenza del 2019 ha stabilito che il caregiver che assiste un familiare disabile può legittimamente richiedere il trasferimento in una sede di lavoro più vicina, a condizione di dimostrare di aver già prestato assistenza al familiare in passato.
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Legge 104 e articolo 21 sul trasferimento: chi usufruire della Legge 104 può essere trasferito?
Il lavoratore che assiste una persona con disabilità in una situazione grave, come coniuge, parente o affine entro il secondo grado (o terzo grado, in determinate condizioni), ha il diritto di scegliere, quando possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso.
Secondo la giurisprudenza, il trasferimento ai sensi della Legge 104 può avvenire solo previo consenso del dipendente o, in caso di mancanza di accordo, solo se esistono ragioni tecniche e organizzative eccezionali che rendono il trasferimento indispensabile.
L’azienda non può negare il diritto al trasferimento se il cambio di sede non comporta un danno economico. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 704 del 18 gennaio 2021, ha chiarito che è sempre necessario un equilibrio tra il diritto del lavoratore che assiste un familiare disabile a non subire una variazione di sede senza il proprio consenso e le esigenze dell’azienda.
Per trasferire il lavoratore ai sensi della Legge 104, il datore di lavoro deve dimostrare, con un onere a suo carico, che il trasferimento è uno strumento idoneo, se non l’unico, per soddisfare le proprie ragioni tecniche, organizzative e/o produttive.
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Legge 104 e articolo 21 sul trasferimento: come funziona il rifiuto al trasferimento?
Il rifiuto del trasferimento può essere giustificato solo da motivi concreti. Il Consiglio di Stato, nella sentenza numero 2226 del 2 aprile 2020, ha stabilito che, per negare il trasferimento ai sensi dell’articolo 33, comma 5 della legge numero 104 del 1992, le esigenze del servizio non possono essere richiamate in modo generico o basarsi su valutazioni vaghe riguardanti le carenze di personale.
Le necessità del servizio che devono essere affrontate devono essere supportate da elementi concreti che riguardano la sede di servizio attuale, anche in relazione alla sede richiesta. Inoltre, deve essere presa in considerazione la posizione di ruolo, il grado e la specializzazione del richiedente.
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