Disabili superano il comporto? Niente licenziamento

Disabili superano il comporto: una sentenza sancisce che il licenziamento del lavoratore non può essere automatico. I giudici hanno stabilito che l’azienda deve assolvere dei precisi compiti di tutela, ma non solo: è stato anche stabilito che equiparare i periodi di comporto di malattia e disabilità è discriminatorio.
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23/9/23

Disabili superano il comporto e licenziamento: c’è una sentenza della Corte d’Appello di Trento che potrebbe incidere in modo determinante sulla tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità. (scopri le ultime notizie su categorie protette, Legge 104, diritto del lavoro, sussidi, offerte di lavoro e concorsi attivi. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

Disabili superano il comporto: la sentenza

I magistrati trentini (sentenza numero 8 del 2023, la trovi qui sotto) hanno infatti stabilito che se un dipendente, con una fragilità che si è manifestata durante il rapporto di lavoro, supera il periodo di comporto non può essere automaticamente licenziato.

Il dovere del datore di lavoro

I giudici della Corte d’Appello hanno risposto nella sentenza a una domanda fondamentale in questi casi: un datore di lavoro ha il diritto di licenziare il dipendente che a causa di una disabilità successiva alla sua assunzione non è più capace di svolgere le vecchie mansioni?

Vediamo come si calcola il periodo di comporto.

Ebbene i giudici hanno ribadito che non può farlo. O meglio, il licenziamento non può essere automatico. L’azienda deve infatti provare, con dati e riferimenti precisi, che l’eventuale ricollocazione del lavoratore incide in maniera grave sull’organizzazione lavorativa causando dei costi esagerati.

In pratica: se non si dimostra che il lavoratore con fragilità non può essere utilizzato per fare altro, senza che questo pregiudichi la gestione dell’impresa, il licenziamento deve essere considerato illegittimo.

Disabilità e malattia: differenze

Nella sentenza i magistrati della Corte d’Appello di Trento hanno anche fornito una distinzione tra disabilità e malattia.

Mentre la malattia è in genere temporanea, ovvero può portare alla guarigione del lavoratore, la disabilità è invece permanente.

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Questo vuol dire che le assenze a lungo termine causate da una disabilità hanno la necessità di una valutazione diversa.

Discriminazione

E quindi: se la legge prevede un limite massimo di assenze per malattia per conservare il posto di lavoro, questo limite non può essere lo stesso per chi ha una disabilità.

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L’equiparazione tra le assenze per malattia e quella per disabilità, hanno sostenuto i magistrati, contraddice la direttiva CE 200 del 78 e può essere definita discriminatoria.

Cosa cambia ora?

Ma ora, cosa cambia in concreto con questa sentenza? I datori di lavoro dovranno garantire tutele maggiori per i lavoratori con disabilità.

In pratica: quando l’azienda viene informata delle condizioni di disabilità di un dipendente ha l’obbligo di adottare le misure necessarie per tutelarlo.

Tra queste condizioni c’è anche quella di comunicare al lavoratore il diritto di chiedere un periodo di aspettativa, così come prevede il contratto nazionale di lavoro, per scongiurare la fine del periodo di comporto.

Ma non solo. Come abbiamo visto il dipendente può essere licenziato solo dopo che l’azienda ha accertato (e provato) l’impossibilità di ricollocare il lavoratore a mansioni idonee alle sue mutate condizioni di salute.

Come hanno stabilito i giudici, il licenziamento può scattare solo se il datore di lavoro è in grado di dimostrare che gli adattamenti possono generare gravi problemi organizzativi all’azienda o comportare dei costi eccessivi.

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Il caso che ha portato alla sentenza

La vicenda riguarda un lavoratore assunto nel 2004 in una ditta metalmeccanica di Ala, in provincia di Trento, al quale è stato diagnosticato il diabete mellito di tipo 2 nel 2019, che ha portato all’amputazione di un arto e a una prolungata assenza dal lavoro. 

Questa assenza ha superato il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro, noto come “periodo di comporto”, che può arrivare fino ad un anno e mezzo per la categoria dei metalmeccanici, culminando nel suo licenziamento.

La sentenza ha annullato il licenziamento come discriminatorio e ha ordinato all’azienda di reintegrare il lavoratore e di pagargli un’indennità pari alla sua retribuzione totale da quando è stato licenziato fino alla sua reintegrazione, oltre ai contributi previdenziali e assistenziali.

L’azienda sapeva

L’azienda era a conoscenza della condizione di salute del lavoratore, che si era preoccupato di comunicare tutte le informazioni. Di conseguenza, il datore di lavoro era nelle condizioni di comprendere la gravità della situazione e di adottare misure di protezione appropriate, come informare il lavoratore della scadenza imminente del periodo di comporto e dargli l’opportunità di chiedere un congedo non retribuito.

Il lavoratore, originario dell’Est Europa e residente in Trentino da oltre vent’anni con cittadinanza italiana, ha subito un licenziamento discriminatorio durante un periodo particolarmente difficile della sua vita, che includeva l’amputazione, la morte di un figlio, la separazione dalla moglie e la perdita della casa.

Il lavoratore doveva essere informato

La sentenza chiarisce che i datori di lavoro devono fare tutto il possibile per mantenere il posto di un dipendente affetto da una grave malattia. In questo caso specifico, l’azienda non aveva informato il lavoratore che poteva richiedere un congedo non retribuito di 24 mesi, che avrebbe impedito il superamento del periodo di comporto e quindi il suo licenziamento. Questa sentenza costituisce, come detto, un precedente per tutte le altre lavoratrici e lavoratori.

Disabili superano il comporto? Niente licenziamento
Nell’immagine una persona con disabilità viene licenziata.

Faq (domande e risposte)

Cosa si intende per periodo di comporto?

Il periodo di comporto è il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro durante un’assenza prolungata dovuta a malattia o disabilità. Nel caso specifico dei metalmeccanici, può durare fino a un anno e mezzo.

Cosa hanno stabilito i giudici su malattia e disabilità?

I giudici hanno stabilito una differenza tra malattia e disabilità: mentre la malattia è temporanea e può portare alla guarigione del lavoratore, la disabilità è permanente. Hanno anche affermato che se un dipendente supera il periodo di comporto a causa di una disabilità manifestata durante il rapporto di lavoro, non può essere automaticamente licenziato. Invece, l’azienda deve dimostrare che la ricollocazione del lavoratore causerebbe problemi gravi all’organizzazione del lavoro o costi esorbitanti. Inoltre, hanno definito discriminatoria l’equiparazione tra le assenze per malattia e quelle per disabilità.

Come si calcola il superamento del periodo di comporto?

Il superamento del periodo di comporto viene calcolato quando il lavoratore è assente per un periodo di tempo superiore a quello stabilito come periodo di comporto. Nel caso in questione, l’azienda non aveva informato il lavoratore che aveva il diritto di chiedere un congedo non retribuito di 24 mesi, che avrebbe impedito il superamento del periodo di comporto e quindi il suo licenziamento.

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