In questo approfondimento vi diremo quanto dura il periodo di malattia per depressione (scopri le ultime notizie su Invalidità e Legge 104, categorie protette, diritto del lavoro, sussidi, offerte di lavoro e concorsi attivi. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Indice
Depressione: si ha diritto alla malattia?
La depressione va inclusa nell’elenco delle malattie; le forme più gravi sono invalidanti, poiché rendono impossibile svolgere un’attività lavorativa.
Per questo, il lavoratore o la lavoratrice che soffre di depressione ha diritto a un periodo di malattia retribuita, a patto che la depressione sia riconosciuta e certificata dal medico curante.
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Depressione e certificato del medico curante
Il certificato, per legge, deve essere emesso soltanto dal medico di medicina generale o dal proprio medico curante, ma non dallo psicologo o dallo psicoterapeuta.
L’interessato può rivolgersi a un medico specialista, ottenere una diagnosi clinica accurata e poi recarsi dal proprio medico curante, con il certificato redatto dallo specialista, per farsi rilasciare il certificato di malattia richiesto dal datore di lavoro o dall’ente pubblico.
Il documento deve contenere una diagnosi e una presunta durata della prognosi clinica di guarigione.
Quanto dura il periodo di malattia per depressione?
Il periodo di malattia per depressione non si distingue dalle altre patologie. La durata per la guarigione la stabilisce il medico curante ed è riportata sul certificato medico.
Generalmente ci si attiene al periodo di comporto, ovvero al periodo di tempo tutelato dalla legge, entro il quale il lavoratore ha diritto a conservare il suo posto di lavoro, in caso di assenza per malattia.
La durata del periodo di comporto lo stabiliscono il CCNL o gli accordi aziendale o individuali.
In genere ha una durata proporzionale all’anzianità di servizio:
- di 3 mesi, se l’anzianità di servizio è inferiore a 10 anni;
- di 6 mesi, se l’anzianità di servizio è superiore a 10 anni.
Depressione e lavoro: cosa sapere?
Essendo la depressione una malattia invalidante, come abbiamo visto in precedenza, il lavoratore o la lavoratrice che ne è affetto, può astenersi dal lavoro, in tre modi:
- malattia per depressione;
- aspettativa dal lavoro;
- invalidità civile.
Nel primo caso, il lavoratore può usufruire dell’astensione dal lavoro per motivi di salute, con diritto alla retribuzione.
Nel secondo caso non è presente una diagnosi di depressione maggiore eseguita da un medico, dunque il lavoratore non può astenersi dal lavoro per malattia, ma può richiedere un periodo di aspettativa dal lavoro fino a un massimo di due anni, con diritto alla conservazione del posto di lavoro, ma non alla retribuzione (congedo non retribuito).
Quando, invece, la depressione rende impossibile il rientro al lavoro, il lavoratore può fare domanda di invalidità civile e ottenere un’indennità. La condizione di invalidità per depressione maggiore va stabilita da un medico e assegnata entro determinati parametri fissati attraverso le tabelle ministeriali (Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1992).
Percentuale di invalidità per depressione: esempi
A seconda della gravità della depressione, cambia la percentuale di invalidità:
- sindrome depressiva endoreattiva lieve: invalidità del 10%;
- sindrome depressiva endoreattiva media: invalidità del 25%;
- sindrome depressiva endoreattiva grave: invalidità dal 31 al 40%;
- sindrome depressiva endogena lieve: invalidità del 30%;
- sindrome depressiva endogena media: invalidità dal 41 al 50%;
- sindrome depressiva endogena grave: invalidità dal 71 all’80%;
- nevrosi fobico ossessiva e/o ipocondriaca di media entità: invalidità dal 21% al 30%;
- nevrosi fobica ossessiva lieve: invalidità del 15%;
- nevrosi fobica ossessiva grave: invalidità dal 41% al 50%;
- nevrosi ansiosa: invalidità del 15%;
- psicosi ossessiva: invalidità dal 71% all’80%.
Oltre alle tabelle ministeriali occorre prestare attenzione alle tabelle dell’INPS, che riguardano i disturbi dell’apparato psichico, contenute nelle linee guida per l’accertamento degli stati invalidanti, che danno diritto alla pensione di invalidità.
Queste le percentuali:
- depressione maggiore, episodio ricorrente (tab. c1-c2, deficit moderato): invalidità dal 61 all’80%;
- disturbo bipolare I (tab. c1-c2, deficit moderato): invalidità dal 61 all’80%;
- disturbo bipolare II e disturbo bipolare sai (tab. c1-c2, deficit grave): invalidità del 75%;
- disturbi deliranti (paranoia, parafrenia, delirio condiviso, altri): invalidità del 75%.
- depressione maggiore, episodio ricorrente (tab. c1-c2, deficit grave): invalidità del 100%;
- disturbo bipolare I (tab. c1-c2, deficit grave): invalidità del 100%.

Faq sulla depressione
Quante persone soffrono di depressione in Italia?
In Italia soffrono di depressione 2.8 milioni di persone (il 5.4% delle persone con più di 15 anni). Rispetto ad altri Paesi europei è meno diffusa tra gli under 65 e di più tra gli anziani.
Cosa comporta la depressione maggiore?
La depressione maggiore è un disturbo dell’umore e proprio per questo influisce in modo determinante sul tuo sguardo sul mondo e sulla tua vita più in generale. Uno dei sintomi più comuni della depressione è quello di avere una visione disperata o impotente dell’esistenza. Altri sentimenti comuni in uno stato depressivo possono essere il senso di inutilità, l’odio verso se stessi o un ingiustificato senso di colpa.
La depressione è collegata agli stati d’ansia?
Nessuna evidenza scientifica ha dimostrato che la depressione causi l’ansia, ma le due condizioni spesso possono verificarsi insieme.
I sintomi dell’ansia includono:
- nervosismo, irrequietezza o sensazione di tensione
- sentimenti di pericolo, panico o paura
- tachicardia (battito cardiaco accelerato)
- respirazione rapida
- sudorazione intensa o aumentata
- tremore o contrazioni muscolari
- difficoltà a concentrarsi o pensare chiara
Chi soffre di depressione può avere poco o molto appetito?
Sì, sia il peso, sia l’appetito sono due variabili quando si parla di depressione. Ogni persona reagisce in modo diverso. Alcuni potrebbero avere un aumento dell’appetito e in questo caso tenderanno a ingrassare. Ma ci sono anche altre persone che perdono lo stimolo della fame e inevitabilmente perderanno peso. Naturalmente per capire se questi comportamenti sono legati alla depressione è necessario valutare se siano o meno intenzionali. Un esempio: se una persona non ha deciso di dimagrire ma ha iniziato a mangiare molto poco, è possibile che quello sia un campanello d’allarme che ci indica uno stato depressivo.
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