Accompagnamento e ricovero: vediamo quali sono le situazioni che non prevedono la sospensione dell’erogazione dell’indennità (scopri le ultime notizie su Invalidità e Legge 104, categorie protette, diritto del lavoro, sussidi, offerte di lavoro e concorsi attivi. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Indice
In quali casi l’accompagnamento non viene sospeso in caso di ricovero?
L’INPS ha recentemente affermato che l’indennità di accompagnamento deve essere erogata anche quando una persona con disabilità è ricoverata in una struttura ospedaliera per più di 29 giorni, a condizione che la struttura non garantisca un’assistenza completa.
Ciò è stato deciso a seguito di una recente sentenza della Cassazione del 26 ottobre 2022. Conformemente alla decisione della Suprema Corte, la persona beneficiaria conserva il diritto all’indennità di accompagnamento anche in caso di ricovero ospedaliero, a patto che le prestazioni fornite dalla struttura sanitaria non coprano integralmente le necessità di cura e assistenza del soggetto ricoverato.
Per quanto riguarda la sospensione dell’indennità, questa non avviene se la presenza continua di un familiare o di un infermiere privato è necessaria per gestire tutti gli aspetti quotidiani della vita del ricoverato.
Allo stesso modo, l’indennità non viene sospesa se la presenza dei genitori è assolutamente necessaria per il benessere fisico e relazionale di un minore, contribuendo così a una migliore risposta ai trattamenti terapeutici.
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Qual è il caso alla base di questa decisione?
Una donna ha intentato una causa contro l’INPS, che aveva negato il diritto all’indennità di accompagnamento in base alla disposizione che esclude gli invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto.
La sua impugnazione si basava sull’argomento che il ricovero in ospedale e le cure ricevute non coprivano completamente le sue esigenze e necessità quotidiane.
La donna, affetta da una forma di encefalopatia degenerativa, ha dimostrato la necessità di ulteriori cure e assistenza, non fornite adeguatamente dalla struttura sanitaria. Nonostante l’opposizione dell’INPS, ha ottenuto la vittoria in tutti i gradi di giudizio.
La Corte di Cassazione, nell’ultima sentenza, ha confermato il diritto della donna all’indennità di accompagnamento, sottolineando che anche durante il ricovero in ospedale pubblico, il beneficio spetta all’invalido grave, a condizione che le prestazioni ospedaliere non coprano completamente tutte le forme di assistenza necessarie per la vita quotidiana.
Questo principio è stato affermato in modo costante dalla Corte di Cassazione e è ormai parte integrante della disciplina dell’istituto. A titolo di esempio, la sentenza 25569 del 2008 ha confermato il diritto all’indennità di accompagnamento anche per i giorni di trattamento chemioterapico in regime di day hospital.
Cosa bisogna fare per continuare a ricevere l’indennità di accompagnamento con il ricovero?
Per mantenere il diritto all’indennità di accompagnamento, il titolare, eventualmente tramite l’amministratore di sostegno o il rappresentante legale, deve presentare una dichiarazione online all’INPS al termine del ricovero.
Questo può essere fatto accedendo al sito www.inps.it con l’identità digitale personale o attraverso una delega (SPID di almeno Livello 2, CIE o CNS). Il percorso da seguire è “Sostegni, Sussidi e Indennità” > “Per disabili/invalidi/inabili” > “Dichiarazioni di responsabilità e ricoveri indennizzati”.
Nella dichiarazione, il cittadino con disabilità deve indicare le date di inizio e fine del ricovero e allegare l’attestazione dalla struttura sanitaria che conferma la natura non esaustiva dell’assistenza fornita durante il ricovero. Non è necessario allegare ulteriori certificati, cartelle cliniche o altri documenti relativi alle patologie invalidanti.

Che cos’è l’indennità di accompagnamento?
L’indennità di accompagnamento è regolamentata dalla legge numero 18 del 1980.
Possono richiedere questa indennità i soggetti mutilati o gli invalidi civili totali, indipendentemente dal reddito e dall’età, a condizione che sia stata accertata:
- L’impossibilità di muoversi senza l’assistenza di un accompagnatore.
- L’incapacità di svolgere le attività quotidiane con necessità di assistenza continua (come lavarsi, vestirsi, mangiare e prendersi cura di sé). La minore capacità deve essere confermata dalla competente commissione medico-legale.
L’indennità è prevista anche per i minori di 18 anni che soddisfano le stesse condizioni sopra riportate.
Quanto all’importo, esso è fissato in misura costante: per il 2023 ammonta a 527,16 euro al mese per 12 mensilità ed è esente da tasse.
FAQ su accompagnamento e ricovero
Chi paga la casa di riposo invalido al 100%?
Le persone con disabilità al 100% sono esentate dal pagamento delle rette di degenza in Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), poiché queste spese sono completamente coperte dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
In situazioni in cui la prestazione di assistenza è fornita principalmente all’interno di un contesto di ricovero con caratteristiche prevalentemente sanitarie, il Comune, quindi, non ha il diritto di richiedere ai familiari della persona non autosufficiente il pagamento delle rette.
Cosa spetta a chi assiste un familiare?
L’articolo 33 della Legge 104 riguarda i caregiver. Nel terzo comma, si stabilisce il diritto per i lavoratori dipendenti, sia del settore pubblico che privato, che forniscono assistenza a una persona con disabilità, di beneficiare di 3 giorni di permesso mensile retribuito come una normale giornata lavorativa. Questo periodo di permesso è coperto da contribuzione continuativa.
Chi prende l’assegno di cura può prendere l’accompagnamento?
Se un parente riceve l’indennità di accompagnamento, ha la possibilità di richiedere anche l’assegno di cura. La cumulabilità dei due contributi è, infatti, consentita, ma mentre l’INPS gestisce l’indennità di accompagnamento, la valutazione per l’assegno di cura è, invece, affidata ai servizi sociali del Comune.
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